Giulia 1300 e altri miracoli - Fabio Bartolomei


Mi scoccia ammettere che ho qualche pregiudizio verso gli autori nostrani, in parte costituiti da ampie falde di pedanti filosofanti e civettuoli ottimisti. Poi ci sono pure gli altri, gli scrittori veri, non dico di no. C'è Benni, c'è Ammaniti. E poi?
E poi c'è Fabio Bartolomei.
Un parallelo che ho appena notato tra gli autori che ho appena citato è che nessuno di loro cerca di scrollarsi di dosso il proprio paese. Il Benni parla con gusto di tempi andati, leggere dei suoi paesi è come fare un viaggio in un passato vissuto dai nostri padri. Così incredibilmente vicino e diametralmente opposto. E l'Italia di Ammaniti, che disgusta o diverte o fa venire voglia di scappare.
Mi sono avvicinata a Giulia 1300 e Altri Miracoli perché avevo letto assai bene dell'opera più recente dello stesso autore. Pubblicato nel 2011 da Edizioni E/O, Giulia 1300 è uno spaccato dell'Italia dei giorni nostri e qualcosa di più. È una storia strampalata, sfaccettata, un boccone indigesto ma saporito. Il cenone di Capodanno che ristagna nello stomaco per tutta la notte.
Inizia con tre capitoli introduttivi in prima persona di Claudio, Fausto e Diego. Claudio lo sfigatello che perde i capelli per lo stress, Fausto il superficiale che ancora non sa di essere un fallito e Diego, un Medioman sconvolto per la morte del padre a cui la narrazione resterà in mano per tutto il resto del libro.
Sono tre personaggi estremamente diversi l'uno dall'altro, a cui capiterà d'incontrarsi per caso, alla presentazione di un casale in vendita. In un modo o nell'altro, finiscono per prendersi una birra insieme in paese e comincia a farsi strada in loro l'idea di comprare tutti insieme quel costosissimo casale per mettere su un agriturismo. E quest'idea prende forma in modo così assurdo che alla fine decidono di farlo davvero.
Diego è un osservatore. Non rischia, non azzarda, studia gli altri e agisce quando se ne è fatto un'idea ben precisa. Non ha niente di speciale oltre a questo e lo sa bene. La coabitazione nel casale con i due soci non parte nel migliore dei modi: tutto sommato sono tre inetti.
Poi qualcosa comincia a mettersi in moto, l'arrivo di un certo tizio a bordo di una Giulia 1300 e... e beh, è davvero difficile spiegare quali siano gli ingranaggi messi in moto e verso che strade si inerpichi la storia senza svelare nulla. Non mi piace rovinare le sorprese e devo dire che questo libro è un lungo susseguirsi di curve a U e sorrisi di stupore. Si arriva ad un certo punto e si scopre che si sta leggendo una storia diversa da quella di dieci pagine prima. E poi cambia ancora e ancora. È assurda, in un certo senso. Va troppo in là, però lo fa consapevolmente, ti dà una gomitata tra le costole mentre ti dice che il pesce che ha pescato era luuuuuungo così.
Mi sento di aggiungere qualcosa a quando dicevo dell'Italia rappresentata in Giulia 1300. È raro che io mi imbatta in libri italiani cui mi sentirei di lasciare oltrepassare il confine. Per amor patrio, sapete com'è. E questo è decisamente uno di questi, però ci vorrebbe un glossario delle usanze, un dizionario illustrato degli italiani. Immagino le espressioni corrucciate di danesi e norvegesi che cercano di interpretare alcune reazioni, alcune conclusioni, alcune usanze. Ci vorrebbe un capitolo introduttivo per non confonderli, che reciti cose come: 'È bene che il lettore straniero sappia che in Italia si è soliti sfruttare gli extracomunitari alla maniera della vecchia America. Le violenze sono tollerate in modo direttamente proporzionale al colore della pelle di chi le subisce. È d'uso cedere ai ricatti della mafia, contro la quale la polizia non è in grado di fare molto. Inoltre esistono bizzarre forme di vita che odiano il Sud e si rifiutano di accettare l'esistenza della stessa nazione che abitano. Non bisogna dimenticare che c'è chi considera assai astuta l'evasione fiscale.'
Una roba così.
Beh, per farla breve questo libro mi è piaciuto un sacco. Ho trovato esagerati i capitoli finali, quelli in cui tornano le voci di Claudio e Fausto, ma per il resto nulla da eccepire. La storia fila come un treno, strappando sorrisi e di tanto in tanto si sente il bisogno di scuotere il capo con mesta consapevolezza. Com'è giusto che sia.